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Ching Shih, il terrore del Mar della Cina

«Guardatemi, Capitani, il vostro comandante era d'accordo con me. L'equipaggio più forte è quello che obbedisce ai miei ordini. È quello che ha conquistato più bottini. Credete forse che mi arrenderò davanti a un capo uomo? Mai!». – Ching Shih


Quando si ha a che fare con la pirateria, viene difficile collegarla all’universo femminile. Nell’immaginario collettivo, grazie agli autori di narrativa del XVIII e XIX secolo, ci si lascia trasportare dalla fantasia ed ecco apparire questo abile e temerario spadaccino, che solca i mari caraibici più inesplorati con un pappagallo sulla spalla, una benda sull’occhio e un cappello adorno di una grossa piuma, mentre è alla ricerca di un tesoro sepolto tracannando rhum.

Eppure, la realtà storica era ben diversa. La pirateria ha origini molto antiche, che affondano in epoche decisamente antecedenti rispetto alla scoperta dell’America; essa fu un elemento importante nella vita quotidiana degli insediamenti costieri del Mediterraneo e del Mar della Cina, perché la geografia aspra di quelle regioni spingeva la gente a guadagnarsi da vivere con il mare, piuttosto che con l’agricoltura. La sopravvivenza degli abitanti di tali zone dipendeva da risorse marine quali pesci, molluschi, alghe e sale. Di conseguenza, molti uomini in buona salute che vivevano nei pressi dei porti possedevano un’imbarcazione, imparavano a navigare in tenera età e conoscevano alla perfezione le caratteristiche del mare. Tutto questo agevolava un loro eventuale ricorso alla pirateria in tempi difficili.

Infatti, durante i primi secoli di storia della navigazione, le imbarcazioni non erano in grado di muoversi in mare aperto, per cui il traffico era limitato alle poche rotte navigabili in prossimità della costa. Le sovraccariche navi mercantili costituivano dei bersagli allettanti per i pirati, che ne facevano il loro bottino privato.

In seguito, il 1500 si trasformò nel secolo d’oro della pirateria, che divenne figlia del protestantesimo e della religione anglicana; anzi, proprio perché l’America era stata spartita fra Spagna e Portogallo, l’obiettivo “principale” diventò quello di liberarsi del cattolicesimo e ciò consacrò la legittimazione alle aggressioni alle navi spagnole e portoghesi cariche di tesori.

Tuttavia, si parla sempre e solo di pirati uomini. La storia ci riporta i nomi di alcuni dei più noti e spietati bucanieri di tutti i tempi: Barbanera, al secolo Edward Teach, uno dei più celebri ad aver fieramente sventolato la Jolly Roger, è entrato nella leggenda per i suoi continui saccheggi nel Mar dei Caraibi a bordo della sua temibile ammiraglia, la Queen’s Anne Revenge; Henry Morgan, il più famoso pirata di tutti i tempi, conosciuto per il suo coraggio e la sua abilità nel comandare, era diventato pirata per conto degli inglesi e aveva costruito la sua ricchezza derubando e assaltando le navi spagnole e olandesi; Bartholomew Roberts, anche noto come Black Bart, pirata solo per tre anni ma in grado di assaltare più di 500 navi nel corso della sua carriera, crudele e implacabile. Pare che una volta il capitano di una nave di schiavi si fosse rifiutato di pagare un riscatto; perciò, Black Bart decide di incendiarla con tutti gli schiavi ancora all’interno. Inoltre, sembra che avesse anche delle curiose piccole manie, come l’essere sempre vestito in maniera impeccabile, o che, in quanto uomo profondamente religioso, si rifiutasse di attaccare di domenica.

O ancora il più sfortunato Capitano nella storia della pirateria, William “Captain” Kidd. In realtà, Kidd era stato incaricato di dare la caccia ai pirati da parte di Richard Coote, il governatore di New York e del Massachusetts. Tuttavia, poco dopo l’inizio della missione, un terzo del suo equipaggio era morto di colera, la nave continuava a imbarcare acqua a causa di numerose falle e tutti gli sforzi per attaccare le navi nemiche erano falliti clamorosamente; senza contare il fatto che Kidd non aveva catturato neanche un vero pirata. Al culmine della disperazione, il Capitano stabilì di assaltare una nave appartenente alla Compagnia delle Indie orientali; dal momento che era stato nominato come corsaro al servizio dei britannici, il suo attacco venne visto come un atto di pirateria, pertanto fu condannato all’impiccagione.


Che dire, invece, delle piratesse? Rispetto agli uomini, sono veramente poche quelle ad essere ricordate, come l’irlandese Anne Bonny o l’indomabile Mary Read; ma solo una di tutte loro viene vista come la più terribile di tutte, la vera regina della pirateria: stiamo parlando di Ching Shih, detta anche Zheng Yi Sao (ovvero moglie di Cheng Yi).

Considerata il pirata più potente e spietato della storia, terrorizzò il Mar della Cina all’inizio del XIX secolo, avendo al suo comando la più grande flotta mai vista, circa 300 giunche con a bordo dai 20000 ai 40000 pirati fra donne, uomini e bambini. Basti pensare che il grande Barbanera, durante lo stesso lasso temporale dall’altra parte del mondo, comandava appena quattro navi e 300 pirati.

Nata nel 1775, Ching Shih lavorò come prostituta in un bordello galleggiante a Canton, fino al matrimonio con Cheng Yi, discendente da una lunga e nobile stirpe di pirati e comandante di sei flotte; alcuni sostengono che lui la catturò razziando il bordello dove la donna lavorava e che lei accettò di sposarlo solo a patto che il Capitano le cedesse metà dei suoi averi e il comando di una tra le sue flotte. In Cina non vi era la credenza che una donna a bordo portasse sfortuna, pertanto il pirata si piegò alla sua richiesta. Fu proprio grazie ai saggi consigli della moglie se fu poi in grado di stabilire una potente alleanza fra tutte le altre flotte cantonesi, con lo scopo di crearne una unica, la più forte e imbattibile di tutta la Cina, battezzata la Red Flag Fleet.

In seguito, Cheng Yi rimase ucciso in Vietnam; le cause del decesso sono sempre state un mistero - c’è chi narra che sia morto in mare durante un tifone, chi invece sostiene che sia stato avvelenato, ad oggi non ci è ancora dato saperlo – così Ching Shih, in quanto vedova, iniziò a tramare per diventare il suo successore, guadagnandosi man mano l’appoggio dei membri più potenti della famiglia del marito.

Dopo diverse sottili manovre strategiche, calcolate alla perfezione e con una freddezza e perspicacia senza eguali, la neonata Capitano salì in coperta con indosso uno splendido abito ricamato con dragoni d'oro stagliati su seta rossa, blu e porpora e ottenne il pieno comando di quell’immensa flotta. Per mantenere unione e disciplina, come primo atto sovrano varò immediatamente un codice di leggi severissimo e da subito rigorosamente applicato. Ecco un breve elenco di alcune delle regole principali: chiunque avesse dato ordini al posto suo o avesse disobbedito a quelli di un superiore, sarebbe stato decapitato sul posto; ogni bottino conquistato andava spartito fra la flotta, solo il 20% rimaneva a colui che lo aveva preso, mentre il resto veniva aggiunto al fondo pubblico, da cui era severamente vietato rubare. Così come era proibito derubare quei cittadini che rifornivano i pirati. Qualsiasi infrazione al codice andava punita o con una fustigazione, o messa ai ferri o squartamento. Ai disertori, o in ogni caso a coloro che abbandonavano la flotta senza permesso, venivano tagliate le orecchie e poi dovevano sfilare davanti alla ciurma per essere gettati in mare aperto.

Una sezione speciale era dedicata alle prigioniere femminili: tendenzialmente Ching Shih ordinava di rilasciare le donne catturate, a meno che uno dei suoi pirati non le avesse fatto esplicita richiesta di sposarle; in quel caso, egli doveva giurare che sarebbe stato strettamente fedele alla futura moglie. Per il resto, era genericamente vietato copulare con le prigioniere, pena la morte. In tal modo, secondo il loro terribile Capitano, gli uomini avrebbero sfogato la frustrazione in battaglia. Ching Shih superò di gran lunga le gesta del defunto marito. Sotto il suo dominio, la Red Flag Fleet divenne potentissima e imbattibile, tanto che non fu mai sconfitta, né dalla marina della dinastia Qing, né dagli ufficiali portoghesi né dagli inglesi; alla fine, fu il governo cinese a piegarsi al suo cospetto, preferendo patteggiare l’amnistia per tutti i pirati a bordo. La Capitana accettò e si ritirò dalla vita di mare. Le venne concesso di tenere il suo bottino e le venne dato un titolo nobile; la storia racconta che per gli ultimi anni della sua vita, Ching Shih aprì una casa di gioco d’azzardo e servì come consigliera militare durante la prima guerra dell’oppio nel 1839. Morì a Macao nel 1844, all’età di 69 anni.

Con la sua fama di piratessa vittoriosa, oggi si è tramutata in un personaggio della cultura popolare cinese. Persino la celeberrima saga Pirati dei Caraibi le ha dedicato un omaggio, dato che, nel terzo capitolo, Pirati dei Caraibi: ai confini del mondo, il suo mito ha ispirato il personaggio della “Vedova Cheng”, uno dei nove pirati nobili.

Una donna controversa, seducente, pericolosa e spietata: ecco quali sono stati gli ingredienti del vero pirata più potente della storia.


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