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Il rumore degli eventi estremi: quando la Terra urla

Ogni luogo della Terra ha una sua voce, un paesaggio sonoro unico che racconta la vita che lo abita. Dalle foreste tropicali alle immense distese di ghiaccio, passando per le onde degli oceani e il brusio delle città, il nostro pianeta è un'orchestra in continua esecuzione. Ma qualcosa sta cambiando. Il riscaldamento globale sta trasformando non solo il clima e gli ecosistemi, ma anche i suoni della natura e dell'uomo. Alcuni si fanno più intensi e minacciosi, altri si affievoliscono fino a scomparire. In questo secondo appuntamento, continuiamo questa serie di articoli in cui cercherò di esplorare come il cambiamento climatico stia modificando la voce della Terra e il modo in cui la percepiamo.

Radio Nowhere blog: conoscenza

Un’orchestra di disastri climatici


C’è un suono che cresce, anno dopo anno, come un grido trattenuto troppo a lungo. Non è la voce umana, ma quella della Terra stessa. Un boato che si fa strada tra le crepe dei ghiacci che si sgretolano, tra le fronde divorate dal fuoco, tra le raffiche di vento che spazzano le coste. Il cambiamento climatico non sta solo modificando l’ambiente fisico in cui viviamo, ma anche il paesaggio sonoro che lo accompagna. E gli eventi estremi che nel 2025 stanno segnando il nostro pianeta ne sono la dimostrazione più inquietante.


Il suono delle fiamme che divora Los Angeles


Le immagini degli incendi che hanno colpito le colline intorno a Los Angeles sembrano ormai familiari, ma è il loro suono a raccontare davvero la furia della natura. Le foreste bruciano con un crepitio sordo e continuo, interrotto solo dal crollo degli alberi o dal ruggito delle fiamme spinte dal vento. Gli elicotteri che sorvolano le zone colpite, i megafoni di evacuazione, le sirene che si rincorrono tra le strade: tutto concorre a comporre una colonna sonora drammatica. Ma a cambiare non è solo il suono del disastro. È anche il silenzio che lo segue. Quando l’incendio si spegne, resta un vuoto: nessun canto di uccello, nessun ronzio di insetto. Solo cenere e quiete spettrale.


Il fragore degli uragani e il vento che cambia voce


Le tempeste tropicali hanno sempre avuto una loro voce. Ma negli ultimi anni, quella voce si è fatta più forte, più caotica, più lunga. Gli uragani, alimentati da oceani sempre più caldi, portano con sé venti che urlano a oltre 200 km orari, piogge torrenziali che tamburellano sui tetti come proiettili e onde che si infrangono con una potenza crescente sulle coste. Le rilevazioni dei sensori acustici sottomarini mostrano che le tempeste tropicali stanno diventando sempre più intense e prolungate, lasciando dietro di sé un paesaggio sonoro completamente alterato. Non è solo una questione di intensità, ma di durata e ampiezza: questi eventi lasciano dietro di sé un paesaggio sonoro completamente alterato.


Lo schianto del ghiaccio e il lamento dei poli


Nei ghiacci dell’Artico e dell’Antartide, il cambiamento climatico non si vede soltanto: si ascolta. Le crepe che si aprono nei ghiacciai emettono suoni acuti e taglienti, simili a spari o a scosse sismiche. Quando un enorme blocco di ghiaccio si stacca e precipita in mare, il fragore è paragonabile a quello di un’esplosione. Gli scienziati che monitorano l’area descrivono un paesaggio sonoro che sembra uscito da un film apocalittico. Nel 2025, il collasso di alcuni fronti glaciali in Groenlandia ha prodotto onde sonore captate a centinaia di chilometri di distanza, come un’eco che rimbalza nel silenzio di un mondo che cambia.


Il boato della terra che trema: Myanmar, Turchia, Italia


Sebbene i terremoti non siano direttamente causati dal riscaldamento globale, gli esperti concordano sul fatto che lo scioglimento dei ghiacci e l’aumento del livello del mare possano alterare gli equilibri tettonici. Il recente e drammatico violento sisma che ha colpito il Myanmar ha fatto tremare la terra e ha riempito l’aria di suoni spaventosi: muri che crollano, grida, allarmi, ambulanze. È il suono dell’imprevedibilità. Ed è proprio questa imprevedibilità a diventare sempre più familiare, mentre il clima destabilizza ogni equilibrio naturale.


L’urlo dell’acqua che tutto travolge


In Europa, le alluvioni del 2025 hanno riscritto il paesaggio sonoro di intere città. A Colonia, Praga, Milano, il rumore dell’acqua che si fa strada tra le strade, trascinando con sé auto, mobili, alberi, ha cancellato i suoni consueti della quotidianità urbana. Anche qui, come dopo un incendio, il silenzio che segue è un silenzio irreale. La risacca fangosa, le pale meccaniche che spostano detriti, le voci basse dei soccorritori sono gli unici suoni che restano in un ambiente trasformato. Il paesaggio sonoro della Terra non è più quello di un pianeta in equilibrio, ma quello di un mondo scosso, che geme, urla, si spezza. Gli eventi estremi non sono più eccezioni, ma parte di una nuova normalità. E questa nuova normalità ha un suono preciso, fatto di allarmi, di frane, di pioggia torrenziale, di silenzi improvvisi. La Terra ci sta parlando, ma forse non stiamo davvero ascoltando. Questo viaggio tra i suoni del cambiamento continua: perché ogni disastro lascia una traccia non solo visiva, ma anche acustica, ed è in quella traccia che possiamo ancora trovare consapevolezza e forse, speranza.


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