top of page

Il ’68 e le prime suddivisioni della sinistra, tutti gli “dei” sconsacrati di Coda di lupo

I primi movimenti sessantottini non criticano generalizzando solo la politica dei loro tempi, ma chiedono ai partiti che sono loro riferimenti di rifondarsi e di aprirsi al cambiamento, a quel Sole dell’avvenir per cui si era combattuto vent’anni prima. I giovani vogliono un cambiamento radicale del Partito Comunista Italiano, più aperto alle loro esigenze ed attento a ciò che ha ottenuto e che potrà ottenere, perché dopo il compromesso storico molti socialisti, non contenti dell’alleanza del PSI con la DC, abbracceranno le cause del PCI.

In quel momento, però, il PCI non sembra volenteroso di ascoltare la voce del movimento e si ritrova i giovani, negli anni segnati dalle contestazioni e dal terrore, contro (come quando Sofri attacca Togliatti reo di aver impedito la rivoluzione). Così nasce Coda di lupo, una delle canzoni più celebri di Rimini (1978) che segna ancor di più la distanza tra Fabrizio De André e il PCI.

Il titolo e il testo richiamano la lotta dei nativi americani, perché avviene la comparazione della Resistenza con la causa dei nativi, dove il movimento partigiano è colui che deve riprendere il possesso della propria libertà. E così appare nella canzone la figura del nonno della voce narrante, un uomo che ha combattuto per un mondo diverso e per un sogno, ma che ora rimane deluso da come i suoi compagni abbiano adottato il “dio degli inglesi”, ovvero i valori della borghesia che vengono usati per far presa sulle classi meno abbienti che hanno dato la vita per la liberazione.

Il mito degli indiani continua a vivere nel protagonista perché si forma in lui, non più il bambino della prima strofa, ma adolescente, la personalità contraria ad alcune scelte politiche del PCI. Si nota una forte allusione ai primi sprazzi di ribellione giovanile, ai “teddy-boys” e alle bande che nelle grandi città agiscono seguendo i principi marxisti, ma anche a Robin Hood. In questo caso, le prime ribellioni si spengono per un “dio perdente”, ovvero il rimando al fatto che molti di quei ragazzi si sono accontentati del bell’impiego da ragioniere rinnegando la propria ribellione.

E alla fine il nonno muore, viene sacrificato dalle prime sconfitte giovanili degli anni ’50, ma anche dal PCI che permette al governo Tambroni di immolare i valori della pacifica convivenza e di uccidere ragazzi a Genova, Reggio Emilia ed in Sicilia. La morte però non salva il nonno, ma egli viene addirittura divorato dal PCI, in forma del “dio goloso”, che non combatte e si accontenta di restare all’opposizione.

I giovani però non sono felici dell’immobilismo del partito e decidono di agire, avviene a La Scala la prima contestazione di rilevanza, dove vengono tirate uova marce contro gli smoking in attesa di entrare alla prima del Teatro milanese. Il “dio della Scala” subisce la rabbia di quella generazione che per la prima volta si affaccia sui libri di storia, ma sarà l’inizio di un qualcosa di nuovo o un passo verso la fine?

La canzone giunge subito al decennio successivo, durante il quale la violenza raggiunge apici terroristici, e si arriva al “dio a lieto fine”, quello che non ha mai voluto ascoltare e recepire le istanze derivanti dal basso, ma che chiude ancora le porte a chi nasce e vive ai margini (il numero chiuso nelle università). Coda di lupo ora è abbastanza vecchio, ma è presente alla Sapienza di Roma quando Luciano Lama viene contestato, perché egli rappresentava l’ideologia più becera, quella fondata sul sacrificio ed il lavoro sottopagato e sfruttato, la personificazione del “dio fatti il culo” che ignora ancora le esigenze del movimento, ma che viene spazzata via.

Purtroppo rimane l’ultimo segnale di lotta, perché poi il movimento si perde, c’è chi cade nella resa della sfiducia e chi si unisce a quel potere contro il quale aveva combattuto, come avrebbe detto anche Gaber nella canzone I Reduci. Si palesa un dio sconfitto, una rivoluzione mancata, la fine della lotta e il cadere di essa nella violenza che spara e uccide chi sta, ideologicamente, dall’altra parte. Il “dio senza fiato” segna la fine della speranza, il naufragio del sogno e dell’utopia legata al cambiamento. Naufraga, come riportato a livello iconografico e di figure retoriche nella canzone che chiude Rimini, ovvero Parlando del naufragio della London Valour, l’ideologia rivoluzionaria.

Coda di lupo è sconfitto e ormai disilluso, una generazione ha perso contro chi avrebbe dovuto essere dalla stessa parte e a sua volta si è suddivisa in tre gruppi: i disillusi; gli assorbiti e comprati dal potere; e i reazionari precipitati nella spirale di violenza che segna principalmente gli anni ‘70. De André racconta, con l’occhio attento di chi ha saputo ascoltare quei movimenti e leggere quegli anni burrascosi, la nascita, la vita e la caduta di quel movimento che non riuscì ad apportare il cambiamento e di cui non rimane, nei non più giovani ex sessantottini, più alcuna traccia ideologica.


32 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page