La voce di Hind Rajab è un film necessario
- Alessia Mancinelli

- 1 giorno fa
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Quando Hind Rajab è stata uccisa aveva solo sei anni, intrappolata in una macchina, circondata da corpi inermi. «Dormono», dice agli operatori dall’altro capo del telefono. «Vieni a prendermi» ripete imperterrita con voce tremante
Questo è ciò che lo spettatore ascolta appena si spengono le luci della sala del cinema e il film inizia. Un grido disperato di aiuto, che appartiene ad Hind, come appartiene a tutti gli altri bambini di Gaza.

La voce di Hind Rajab non è solo un film, è la possibilità di entrare in contatto con una storia, attraverso la voce reale della bambina, che continua a verificarsi sotto gli occhi del nostro mondo.
Chi è Hind? Hind Rajab era una bambina palestinese di 6 anni, all’epoca dei fatti È stata uccisa a Gaza il 29 gennaio 2024, nel corso di un attacco dell’esercito israeliano. Rimasta intrappolata nella macchina con i suoi zii, mentre provavano a scappare dall’assedio.
Il film sceglie di raccontarci questa storia usando una tecnica ibrida. Tra il documentario e la finzione, ci racconta i momenti di tensione nella Mezzaluna palestinese durante la telefonata tra gli operatori e la bambina, utilizzando le registrazioni audio reali della telefonata tra Hind e i volontari. Registrazioni che diventano la vera e propria spina dorsale della narrazione.
La storia si svolge concentrandosi quasi interamente all’interno del centro di smistamento della Mezzaluna Rossa Palestinese, la single location permette allo spettatore di non distogliere mai l’attenzione dal dramma.
La narrazione prende il via quando arriva una telefonata di emergenza nell’ufficio. È un parente di Hind, che, allarmato dalla chiamata della figlia, contatta i volontari per chiedere aiuto. Pochi istanti dopo, dopo un attacco brutale dell’esercito israeliano, nella macchina rimane solo la voce terrorizzata della bambina, sola e circondata dai corpi dei suoi parenti.
Qui l’attenzione si sposta sui volontari, in particolare su Rana (interpretata da Saja Kilani) e su due soccorritori, Omar (Motaz Malhees) e Mahdi (Amer Hlehel). Vediamo i tre cercare in tutti i modi di aiutare la bambina. La loro sfida è complessa: devono mantenere il contatto costante con Hind e conciliare una logistica che appare impossibile.
Rana cerca di tenere Hind in linea, rassicurandola e restando concentrata sul reperire più informazioni possibili dalla bambina sulla sua posizione. Questa parte della narrazione è straziante, frustrante e l’uso delle registrazioni audio di Hind fanno stringere lo stomaco.
Omar e Mahdi, dal canto loro, provano in tutti i modi a gestire la burocrazia necessaria per ottenere le autorizzazioni dallo stesso esercito israeliano.
Il senso di frustrazione è ciò che fa più male nel seguire il racconto, il film evidenzia la fatica dell’attesa, la paura che questa si prolunghi rendendo più difficile il salvataggio. È una vera e propria corsa contro il tempo e caratterizzata da protocolli rigidi, corridoi umanitari promessi che non arrivano o che si rivelano inefficaci.
La tensione cresce con lo scorrere del tempo. La lentezza del sistema si contrappone alla velocità con cui le condizioni di Hind si fanno sempre più gravi.
Il senso di impotenza dei volontari abbraccia quello dello spettatore, che inerme su una poltrona di un cinema al buio, entra in contatto con tutto quel dolore senza possibilità di fuga.
La sequenza culmina con l’invio dell’ambulanza e il tragico epilogo, che vede l’uccisione di Hind e dei due soccorritori inviati per salvarla.
La Voce di Hind Rajab è un film unico nel suo genere: la regista fa interagire gli attori con registrazioni reali. Nella parte finale del film inserisce anche dei video reali dei soccorritori con una tecnica sublime.
La ricostruzione cinematografica diventa, così, una testimonianza potentissima che va oltre la semplice drammatizzazione.
La regista Kaouther Ben Hania non è nuova a questa tecnica, Nel suo film "Quattro figlie", presentato a Cannes nel 2023, adotta la stessa tecnica di docu-finzione.
È la storia di Olfa Hamrouni, una madre tunisina, e delle sue quattro figlie. Il cuore del dramma è la scomparsa delle due figlie maggiori – Rahma e Ghufran – che avevano lasciato la famiglia per unirsi allo Stato Islamico in Libia. Anche qui la finzione incontra la vita vera, la regista racconta la storia attraverso un dispositivo narrativo unico: le due figlie minori e Olfa sono interpretate da loro stesse mentre le due figlie scomparse sono interpretate da attrici.
Lo stile registico di Kaouther Ben Hania rappresenta perfettamente la sua costante ricerca di una verità umana e politica attraverso appunto il confine tra documentario e finzione.
«Ho sentito che il mio ruolo, in quanto regista, fosse semplicemente di trovare il modo migliore e più cinematografico per trasmettere ciò che avevo ricevuto: la registrazione, la sua voce. Era già tutto lì. Dovevo capire scoprire da quale prospettiva raccontarlo.» ha detto la regista a proposito della sua motivazione di dar voce e memoria a Hind, e attraverso di lei a tutti gli altri bambini e civili che hanno perso la vita nel genocidio.
"Non posso accettare un mondo in cui un bambino chiede aiuto e nessuno accorre. Quel dolore appartiene a tutti noi."
L’impatto di questa opera è fortissimo, il materiale sensibile viene gestito in modo sensibile e delicato. L’urgenza politica del racconto si bilancia perfettamente con una profonda empatia umana.
Il film è stato una co-produzione franco-tunisina. Nell'agosto 2025, molte personalità di Hollywood, da Brad Pitt,a Joaquin Phoenix, aRooney Mara, a Jonathan Glazer e a Alfonso Cuarón, si è aggiunta ai suoi produttori esecutivi allo scopo di facilitarne la distribuzione negli Stati Uniti e all'estero.
È un film che ha lasciato chiunque con un senso di vuoto nel petto, al Festival di Venezia è stato accolto con lunghi minuti di standing ovation commossa e la non vittoria ha lasciato quasi tutti con l’amaro in bocca.
Ciò che ha colpito è stato, per tutti, il silenzio che ha accompagnato i titoli di coda, come se lo spettatore non sapesse più come tornare alla vita di prima. Impossibile da ignorare quel dolore che resta addosso per giorni.
La Voce di Hind Rajab non è solo un film né un semplice pugno allo stomaco che ci riporta con i piedi per terra, è un modo per creare una memoria collettiva. È un’opera che obbliga il pubblico occidentale a non distogliere lo sguardo da una tragedia, del tutto evitabile.

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