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Rainer Werner Fassbinder: il genio scomodo che il cinema ha dimenticato

Rainer Werner Fassbinder è uno di quei registi che il tempo sembra aver ingiustamente relegato ai margini della memoria collettiva. Eppure, il suo cinema è stato tra i più audaci, personali e visionari del XX secolo, e ha raccontato con lucidità spietata e stile inconfondibile, il lato più fragile e corrotto della società tedesca del secondo dopoguerra. 

Quattro film in particolare: Il matrimonio di Maria Braun, Lola, Veronika Voss e Le lacrime amare di Petra von Kant, (conosciuti come la “quadrilogia della Bundesrepublik Deutschland”), tracciano un ritratto crudo di quella Germania che, pur spinta da un’ondata di cambiamento, non riesce a liberarsi delle cicatrici del suo feroce passato. 


Il matrimonio di Maria Braun (1979), inizia con un’immagine emblematica, Maria e Hermann che si sposano sotto il fuoco delle bombe, mentre il Terzo Reich crolla. È una scena di caos e speranza, proiettata verso un futuro d’amore. Ma il sogno dura poco: Hermann infatti scompare, dato per disperso, e Maria si ritrova sola in un paese in macerie. Da qui inizia la sua scalata: con astuzia e fascino, si muove tra le opportunità del miracolo economico, intrecciando relazioni con uomini potenti e trasformando la propria esistenza in una lotta per il potere. 

Fassbinder racconta il lato oscuro della rinascita tedesca: Maria non è un’eroina romantica, ma il riflesso di una società che ha sostituito l’ideologia con il denaro, la violenza con il calcolo, la guerra con la competizione. Il suo cinismo non è un caso isolato, ma il destino di un’intera generazione, che ha sacrificato ogni sentimento autentico, in nome della sopravvivenza.

Lola (1981) è ambientato nella Germania degli anni ’50, dove la Lola, cantante e starlet di un night di Coburgo, si prostituisce per sopravvivere. Quando Von Bohm, il nuovo capo dell'urbanistica, si innamora di lei senza conoscerne la vera identità, la situazione precipita, portando a galla tutte le contraddizioni e le ipocrisie di un sistema amorale. In questo nuovo codice etico, la domanda da farsi non è più: chi sta usando chi? ma piuttosto, chi è davvero libero? Fassbinder, con la sua regia penetrante, esplora tutte le sfumature di un’epoca in transizione, mettendone in discussione le convenzioni sociali.

Veronika Voss (1982) È il capitolo più spettrale della quadrilogia della BRD, in cui la protagonista, ex diva del cinema sotto il Terzo Reich, incarna un passato che il nuovo sistema vuole cancellare.  Dipendente dalla morfina e prigioniera di una clinica gestita da una dottoressa senza scrupoli, Veronika vive in una realtà distorta, dove il ricordo della sua fama svanita, si mescola a una vana e disperata illusione di rinascita.

Fassbinder costruisce il ritratto di questa donna sconfitta come un noir tragico, con un bianco e nero che rievoca il cinema espressionista, e una fotografia che ben ritrae il clima di un’intera nazione, che per fuggire al ricordo, sacrifica anche la propria identità.

Le lacrime amare di Petra von Kant (1972) si distacca dal contesto della società postbellica, per indagare una dimensione diversa, quella del conflitto interiore. Petra von Kant, stilista di successo, cinica e sicura di sé, vive rinchiusa in una casa-prigione, persa nella sua solitudine e avviata ad una lenta autodistruzione. Quando si innamora di Karin, una giovane ambiziosa e di umili origini, Petra crede che trattarla come un oggetto prezioso, le garantisca la sua devozione eterna. Ma l’amore si trasforma in ossessione, il desiderio in dipendenza e ciò che Petra credeva di controllare, si rivolta presto contro di lei, distruggendola. Fassbinder, con la sua regia teatrale immersa nel dramma, ci presenta le protagoniste in uno spazio chiuso, privo di uomini, dove le donne si amano e si annientano, ripetendo gli stessi schemi di dominio, dai quali credono di essersi liberate. Il film è un’indagine profonda sull’amore malato, sul potere e sulla solitudine, con un finale segnato da lacrime amare.


Rivedere oggi le opere di Fassbinder, significa riscoprire un regista che ha saputo raccontare le fragilità umane con una lucidità spietata, rivelando verità scomode su potere, compromessi e identità. Il suo cinema, intriso di una critica sociale acuta, offre ancora lo spunto per riflettere sulla natura dei sistemi che ci modellano. Le sue storie, pur radicate in un passato specifico, parlano con forza a tutte le epoche, invitando a interrogarsi su quanto davvero siamo liberi dal nostro passato, e dalle strutture che ci circondano.




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