L’ombra dell’uomo durante il giorno è trasportata come un inganno. Al calar del sole è cucita sulla pelle, indistinguibile dal corpo. Quando vede l’alba, indietreggia. Durante il giorno il sole la allunga e la accorcia, è schiacciata a terra o su un muro e, a seconda dell’angolo della luce, spersonalizza i gesti o li nasconde nel suo centro scuro. L’ombra dell’uomo è la persona e la sua dispersione. Il velluto blu è l’ombra che l’uomo indossa. E’ una patina leggera, blandisce la pelle e la soffoca in una forma semplificata.
Nel conflitto tra idillio e incubo si sviluppa la narrazione di Velluto blu, film di David Lynch del 1986. La vicenda è ambientata nella cittadina ideale di Lumberton dove il giorno scivola su strade burrose tra i diner e la high school mentre la notte è eccitata da lampi di criminale perversione. Tutto apparentemente è in ordine a Lumberton finché Jeffrey, un adolescente che vive nella cittadina, passeggiando nella natura trova un orecchio mozzato. Siamo assorbiti nell’orbita auricolare, cadiamo lungo le linee di quel vortice e sprofondiamo nel timpano che è punto intermedio di due forze: l’incubo che erompe da dentro e il rumore che vi frana dall’esterno.
Jeffrey segnala il ritrovamento alla polizia e, contro le raccomandazioni dello sceriffo e di sua figlia Sandy, decide di investigare da solo a proprio rischio e pericolo. Sandy e Jeffrey si innamorano e il rapporto si evolve lentamente. Sandy ha già un fidanzato e Jeffrey sembra attratto certo dall’amore ma non nella sua forma semplice, impersonata dalla ragazza ma dalla sua deformazione pelosa. Sandy è morigerata, il viso è pulito, vive incosciente l’idillio. Racconta a Jeffrey la storia dei pettirossi: in un tempo futuro, il loro avvento eliminerà il buio e il loro canto sprigionerà amore sulla terra. E’ una figura che resta ai margini degli eventi eppure è il centro. I due cominciano insieme l’avventura per poi separarsi. Sandy offre a Jeffrey l’occasione per entrare nell’appartamento di Dorothy, una cantante coinvolta nel caso. In un tempo fuori dalla vicenda, il figlio e il marito di Dorothy sono stati rapiti. Il ragazzo sguscia di soppiatto nella casa in cerca di indizi fino a quando è costretto a nascondersi nell’armadio di Dorothy poiché sopraggiunge un uomo. Jeffrey diventa spettatore come lo siamo noi, osserva dalle fessure dell’armadio di legno ma la visione non è sottile o ridotta in dimensione come ci si aspetterebbe. Lynch sceglie un espediente surreale: è come se qualcun altro osservasse fuori dall’armadio. L’occhio di tutta la città di Lumberton davanti al teatro del sottobosco criminale, ora sveglia dal torpore di un sonno senza sogni. Assistiamo con Jeffrey ad un comportamento violento, morboso e disumano. Dorothy mostra il proprio sesso e Frank Booth si inginocchia implorante, gridando “mom” come un bambino in un primo momento e subito dopo sferra schiaffi sul suo viso. Impersona il marito (padre) e il bambino di Dorothy. Jeffrey osserva l’aberrazione del desiderio, il morbo del sogno e cioè l’incubo. Non ne è solo spettatore ma viene penetrato dall’immagine che trasla nell’immaginario. Infine, Jeffrey è trafitto da quella visione. Tanto che quando Frank Booth esce dall’appartamento, nella penombra incestuosa della casa, il giovane (bambino) ha un rapporto sessuale con Dorothy (madre), sulla quale, sotto richiesta della donna, egli sfoga colpi violenti in viso (emulando il comportamento di Frank Booth-padre).
I giorni successivi Jeffrey vive incubi ricorrenti. Nelle camere oscure della coscienza, le radici del male tremano e scuotono il timpano. L’orecchio del giovane è molestato dal ricordo delle preghiere furiose di Frank Booth bambino, dalle urla disperate di Dorothy. L’ombra di Jeffrey incontra i mostri dell’inconscio. Questo avviene senza che Jeffrey combatta, egli è prevalentemente passivo rispetto agli eventi, è un voyeur, la sua azione è l’investigazione. Il film è l’esplorazione dell’inconscio dell’adolescente. Ma l’investigazione non dura per sempre. Raggiunto il limite, si illumina qualcosa che traluce oltre il visibile.
Infatti arriva l’ultima alba, così forte e diffuso da cancellare tutte le ombre. Suona il canto dei pettirossi là fuori e finalmente usciamo dall’orecchio di Jeffrey, lasciamo il buco nero e siamo smarriti nella luce lì per lì come al risveglio. Jeffrey, infatti, si sveglia dal sonno, nel giardino di casa, al fianco di Sandy. E’ straniante la visione della normalità. I fiori rossi spargono gli odori come hanno fatto, anche quando nessuno era vicino ad odorare. Le rose zampillano al fianco delle staccionate, i papaveri piegano il capo e l’erba quieta e splendente sostituisce le stelle del cielo. Brilla qualcosa di nuovo e straordinario nell’ordinario.
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