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Il dolce riposo degli Occhi di Gufo: l'ultima Apache libera che in Umbria ha trovato la pace

Tra le grandi Montagne Blu, sul finire degli anni Venti, ancora esistevano e resistevano gli ultimi Apaches.

Ribelli al giogo statunitense che li voleva confinati nelle riserve, dopo gli ultimi sanguinosi conflitti vagarono per anni nei dintorni della Sierra Madre, in Messico.

Nel 1928, nello stato di Sonhora, nacque Bui.

Una bambina battezzata "Occhi di Gufo" in lingua nativa vide la luce libera, ma in fuga.

A Chihuahua City lo scalpo di un "apachito" valeva la bellezza di venticinque dollari; quei guerrieri erranti al confine con l'Arizona senza corona e senza scorta erano

un bel bottino per i tagliagole messicani.

Bui scappa di continuo tra i monti, con due fratellini più piccoli e una signora anziana chiamata "Nana" che si prende cura di loro.

All'alba del suo quarto anno, il mondo della piccola apache si lorda di sangue.

I pistoleri scovano uno degli accampamenti nomadi nascosti tra le gole, lo mettono a ferro e fuoco.

Uccidono Nana, e si portano via Bui con i fratellini, preziosa merce di scambio per trattare con i gringos.

Il destino di Occhi di Gufo pare già segnato: un fato in cui la morte sembra quasi lo scenario più auspicabile.

Fino a che, nel villaggio di Nacori Chico, il cammino dei cacciatori di taglie viene frenato da una donna tanto coraggiosa da sembrare quasi folle: Dixie Harris.

Dixie nota subito i tre bambini, così piccoli e terrorizzati, tra le mani di quegli individui pronti a venderli per una pelle di cavallo.

Li blocca, supplica, contratta, minaccia, la lama di un coltellaccio lurido puntata al collo di quella donna pronta a terminare il suo destino pur di tentare di cambiare quello dei piccoli apaches.

I lestofanti, complici la stanchezza, l'insistenza, il rispetto che comunque portavano verso quella donna che "sapeva curare le malattie" e un'offerta più conveniente alla fine cedono, lasciando i bambini a Dixie.

Dopo aver affidato i due bimbi più piccoli ad un convento, la donna decide di adottare la piccola Bui; quegli occhi hanno visto fin troppo orrore, merita di vedere solo cose belle.

Dixie porta Occhi di Gufo a Tujinga, in California; cambia il suo nome in Carmela Harris.

In quel frammento di normalità cresce assieme alla sorella Ann, nata in seguito.

Bui è silenziosa, schiva, introversa.

Gli spettri delle Montagne Blu purtroppo non possono non perseguitarla.

Riesce a diventare infermiera, pur soffrendo la sua diversità come una condanna.

Non fa altro che ripetere, ad amici e conoscenti:

"Non sono indiana, non sono americana, non sono messicana. Forse sono tutte queste cose.".



La severità di Nana, la strage all'accampamento, i tagliagole, i pianti dei fratellini.

Tante lame conficcate in un animo così sensibile, nato per essere libero e costretto ad una prigione quasi più infida e mortificante di una riserva.

Un incidente domestico compromette permanentemente la sua capacità di lavorare.

Torace e braccia rimangono irrimediabilmente sfregiate dalle ustioni.

Il fuoco, il dolore, la gabbia.

Ancora una volta.

La sorella Ann decide di portarla con sé nel centro dell’Italia, ad Umbertide.

Un piccolo angolo di pace, il silenzio delle verdi colline sembra ridare un minimo di serenità a Bui, ormai quarantaquattrenne.

Eppure, la maledizione della Sierra Madre non le permette di godersi la pace che tanto ha cercato.

Vive gli ultimi anni della sua vita come l'ha sempre vissuta, nascondendosi.

I locali ricordano vagamente una donna dagli zigomi fieri e dagli occhi tristi, una matassa di capelli scuri scompigliati.

Non parla quasi mai, alcune volte osserva trasognata l'orizzonte, quasi a rifugiarsi nella libertà che sempre l'ha costeggiata.

Dopo quattro anni dal suo arrivo in Umbria, Carmela Harris muore per un improvviso malore.

Si accascia a terra in quella casa che ha tentato fino all'ultima di proteggerla dal male.

Occhi di gufo spira comunque libera tranne che dei suoi fantasmi.

L'ultima Apache libera riposa nell'Altotevere.

Finalmente ha raggiunto la pace.


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