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Una morte dolcissima

Simone de Beauvoir ci racconta la morte di sua madre.

Mi sono approcciata a questa scrittrice grazie a mia madre che mi ha consegnato questo testo dopo che lo aveva appena letto lei. Tra le pagine piccole annotazioni in matita, leggerissime per non rovinare il libro, sottolineature, segni ai lati per identificare un lungo periodo, una freccia per indicare un passo che le era stato particolarmente caro.

Addentrarmi in questo libro ha avuto per me due significati diversi. Avvicinarmi a una scrittrice di cui conoscevo la fama, ma di cui non avevo neppure mai sfogliato un libro, e avvicinarmi a mia madre. In una specie di inception mia madre legge il libro della morte di una madre, forse pensando alla sua, a mia nonna, ancora in vita, ma molto anziana. Io leggo un libro sulla morte di una madre, la mia è viva e si spera lo sia ancora per lungo tempo, e penso a lei e sua madre, a come lei possa sentirsi come figlia, e a come io mi senta come figlia. Percorrere pagine da poco sotto gli occhi e la matita di mia madre, mi è capitato più di una volta di chiedermi dove mia madre si ritrovasse in quelle frasi sottolineate, se riuscivo a scorgerne la provenienza, il senso di ingiustizia e di impotenza, a quanto il rapporto con i propri genitori sia complicato, sofferente, ma anche pregno di una gratitudine che a volte fatichiamo a riconoscere e a voler portare fuori.

Simone de Beauvoir non si perde in ampollose considerazioni sulla morte o sulla sofferenza, si sofferma su quello che avviene, quello che lei, la madre, la sorella Poupette e tutte le persone intorno a lei vivono. La lente però è sempre verso quella madre, tanto diversa da lei, da far emergere le contraddizioni che i rapporti genitoriali hanno sempre. Questo è un libro che mostra il lento decorso di una donna forte, autonoma, che diventa una persona di cui prendersi cura, durante una lenta agonia. La pressione della morte, del momento in cui si è più consapevoli che perdere qualcuno, è il filo che ti porta avanti in queste pagine. Sai che la madre morirà, arriverai a come, ai sentimenti, al pensiero che Simone De Beauvoir fa attorno a questa vicenda.

Il libro è davvero piccino, ma denso, perché la morte porta densità, porta confronto, e Simone De Beauvoir è eccezionale ad analizzare ciò che succede, le conseguenze, il modo in cui i contrasti con la madre si siano evoluti, l’abbiano condizionata, ma portino con sé anche la stima che la madre ha nei confronti della figlia. Simone de Beauvoir non è mai stata gentile nei suoi scritti con la sua genitrice, è reale e sincera in ciò che prova, e non ha rimorsi per la sua verità. Simone è una pensatrice che indaga le cause, arriva agli effetti, non si ferma alle apparenze di un rapporto, forse nessuno di noi dovrebbe trascurare ciò che il rapporto con i nostri genitori ha generato in noi, ci ha plasmati.

Una morte dolcissima è scritto dalla mano di una Simone de Beauvoir ormai formata di una certa età, ecco perché la scrittura e quello che tratta non si perde mai in considerazioni banali, scontate, edulcorate. I temi che porta sono diretti, schietti, dal rapporto con la madre, al rapporto con i medici, con la clinica in cui la madre è ricoverata. Tratteggia i mesi di malattia con garbo, ma emerge la personalità forte della scrittrice, mai schiacciata dalla situazione, che prende l’inevitabile morte della madre come un modo per interrogarsi su di sé, sul rapporto con i propri genitori, sulle eredità che ci portiamo dietro anche senza volerlo, in maniera inconsapevole e spesso debilitante. Il conflitto e la ribellione sono aspetti della de Beauvoir che l’hanno contraddistinta come donna, come intellettuale.

Eppure, ciò che mi lascia davvero questo libro è come un figlio, di fronte al genitore, rimanga sempre un po’ figlio, un po’ esposto, un po’ arrabbiato. Leggendo queste pagine lo sono stata io nei confronti di mia madre, mia madre probabilmente nei confronti della sua. Cerchiamo sempre di fare meglio di chi ci ha preceduto, ma spesso dimentichiamo che le nostre radici, ciò che ci ha permesso di discostarci, è chi abbiamo avuto dietro.


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