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UNA VITA COME TANTE: UN VIAGGIO NEL DOLORE DI UNA PICCOLA VITA

Aggiornamento: 15 ago

Una vita fra tante è quella raccontata in “Una vita come tante” di Hanya Yanagihara, un romanzo del 2015 che è stato in cima alle classifiche per anni e nel 2019 è stato classificato al novantaseiesimo posto tra i cento migliori libri del XXI secolo da The Guardian.


Hanya Yanagihara nasce a Los Angeles nel 1974. Suo padre, Richard Yanagihara un medico specializzato in ematologia e oncologia, ha origini hawaiane, mentre sua madre è nata a Seul, in Corea del Sud. Da bambina, Yanagihara si trasferisce frequentemente con la sua famiglia, trascorrendo l'infanzia tra le Hawaii, New York, il Maryland, la California e il Texas.

Nel 2007 inizia a lavorare come giornalista per la rivista Condé Nast Traveler, occupandosi di viaggi, mentre dal 2015 lavora per T: The New York Times Style Magazine.

Nel 2013 pubblica il suo primo romanzo The People in the Trees è ispirato alla storia del virologo Daniel Carleton Gajdusek.

Raggiunge il successo nel 2015 proprio con Una vita come tante, e nel 2022 è uscita la sua ultima opera Verso il Paradiso.

La trama di Una vita come tante è apparentemente semplice, la storia si intreccia con le vite di quattro amici con una viva New York a fare da sfondo.

Malcom, Jude, JB e Willem si incontrano poco più che ventenni al college e le loro esistenze continuano a intrecciarsi nei decenni successivi.

Malcom vuole diventare un architetto, JB è l’artista, Willem fa il cameriere mentre sgomita per diventare un attore e Jude resta in casa.

Nella prima parte del libro Jude resta a fare da sfondo mentre le vite degli amici vengono raccontate nel loro scorrere normale.

L’unico dettaglio che conosciamo di Jude è che in un momento non preciso della sua esistenza un terribile incidente l’ha reso disabile.

Cammina male e combatte quotidianamente un dolore cronico, che a volte lo investe con una forza tale da paralizzarlo.

Jude non parla mai del suo dolore, glissa e nasconde la verità.


La scoperta di Jude e della sua profondissima ferita è il nodo principale del romanzo di Yanagihara.

La vita di Jude ci arriva addosso con tutti i suoi profondissimi dolori con una forza che solo le parole possono avere.

Ci viene mostrata la crudeltà che ha dovuto subire, un’infanzia di abusi chiuso in collegio abbandonato a sé stesso.

La solitudine della sua vita lo convince di non meritare nessun tipo di amore. Attraverso la storia di Jude la Yanagihara racconta una vita distrutta da un dolore intensissimo che ti logora pagina dopo pagina, parla di autolesionismo, violenza, omosessualità, abbandono.

Le mille pagine non pesano mai, la scrittura è leggera e scorrevole nonostante la pesantezza del suo stesso racconto.

Una vita come tante si snoda e attraversa oltre cinquant’anni di vita di questi quattro amici, e li narra attraverso esperienze che sono affini a chiunque.

Il sentirsi persi dei trent’anni pieni di aspettative dettate dagli schemi sociali, la ricerca d’amore in una società che spesse volte impone chi amare al prossimo, una società non libera da razzismo e discriminazioni.

Racconta con poca retorica la difficoltà di una vita spezzata da un destino crudele, e quanto sia duro accettare ciò che non riconosciamo come desinato a noi.


Jude non pensa di poter essere meritevole di una realtà diversa dalla dolorosa vita che si ritrova a vivere, e non riesce a riconoscere l’amore e il bello, solo all’età di 50 anni capirà davvero cosa significa abbandonare le paure del proprio passato e concedersi un’alternativa.


Durante la lettura non vi abbandonerà mai l’assioma dell’uguaglianza: x=x, x=x.

L'assioma dell'uguaglianza stabilisce che x è sempre uguale a x: pertanto, un oggetto che chiameremo x deve essere necessariamente uguale a sé stesso; ciò che lo rende unico, perché in possesso di una caratteristica così immutabile che siamo costretti a considerarlo assolutamente, inevitabilmente, uguale a sé stesso per sempre, e perché la sua elementarità non potrà mai essere alterata.”


Questo romanzo è capace di comporre un dipinto umano e psicologico che racconta i demoni degli uomini con una naturale verità che non può permettere via di scampo.

Si deve essere pronti per approcciarsi a quest’opera, perché è molto più di una lettura, ma può rappresentare un’esperienza durissima da vivere.

La critica più dura rivolta a questo libro riguarda l’eccesso del racconto del dolore, quasi una pornografia della sofferenza, ma sono questi stessi difetti ed eccessi a rendere estremamente umana quest’opera.


Il romanzo mira ad essere, come la stessa autrice ha dichiarato in un’intervista, un omaggio a un diverso modo di vivere l’età adulta che non viene spesso celebrato nella narrativa.


“Poi, così vicina al suo orecchio che sembra provenire da dentro di sé, sente la voce di Willem, che ripete la sua dolce cantilena: “Sei Jude St Francis. Sei il mio amico più caro, l’amico di una vita intera. Sei un newyorchese. Abiti a SoHo. Offri assistenza legale volontaria ad artisti, e sei nel consiglio di amministrazione di una mensa per poveri. Sei un ottimo nuotatore. Sai cucinare. Adori leggere. Hai una voce bellissima, anche se non canti più. Sei un pianista eccellente. Collezioni opere d’arte. Mi scrivi messaggi bellissimi, quando sono fuori per lavoro. Sei paziente. Sei generoso. Sei il miglior ascoltatore che io conosca. Sei la persona più intelligente che io conosca, e la più coraggiosa, da tutti i punti di vista.”

La Yanagihara non ha paura di affrontare il dolore e raccontarlo a modo suo, cercando fra le sue interviste ha spesso spiegato il suo punto di vista a riguardo. Alla domanda, lecita, “perché tanto dolore?” ha spesso risposto che il suo intento, scrivendo, era proprio quello di amplificare fino al paradosso tutto quello che di terribile può capitare a una persona, di spingersi fino ai confini più estremi dell’oscurità.

In rete c’è uno stupendo diario visivo che ha accompagnato l’autrice durante la stesura del libro, nel quale viene raccontato un po’ il processo creativo del romanzo.

Questo libro è pieno di dolore, emozioni contrastanti, lacrime e rabbia.

È un turbinio di sensazioni umane che ti fanno bene accarezzandoti con tenerezza e ti distruggono con la stessa facilità.

È una storia di violenza, omosessualità, dipendenza, droghe, autolesionismo, accettazione e rivincita.

La vita che ti colpisce fino a toglierti il respiro.

Quel passato che, nonostante gli sforzi e il tempo che passa, non ci lascia andare si insidia in ogni cosa bella distruggendola.

Le cicatrici che ricordano chi siamo, chi non saremo mai e chi forse meritiamo di essere.

Una colpevolezza inflitta a noi stessi, da noi stessi.

Il pensiero di meritare il dolore perché è l'unico sapore che conosciamo.

Questo libro, però, è soprattutto pieno di amore.

Amore in ogni forma.

L'amore nei dipinti di JB che sceglie di rendere immortali i suoi amici incatenandoli nella tela.

L'amore di Malcolm che si assicura che i suoi amici abbiano il rifugio di cui hanno bisogno.

L'amore di Willem, che trasforma tutto in coraggio di amare senza mai porsi limiti, che supera ogni logica e paura.

Quel sentimento che gli scorre nel sangue e fa muovere le sue gambe, che gli fa scegliere di non rinunciare mai al regalare amore, a farsi comprendere e accettare ogni sfaccettatura, ogni colore. Anche se fa un male che non si può raccontare.

L'amore che non ha mai conosciuto Jude.

Quell'amore che disperatamente rincorreva nei posti più sbagliati, pericolosi e di cui nessuno gli ha mai spiegato l'essenza.

Quello stesso sentimento che Jude si ritroverà a rifiutare perché è l'unico modo per non rimanere ferito perché la spietata crudeltà dell'uomo ha spazzato tutto l'amore che poteva esserci nella vita di Jude.

È quello stesso amore, che però, per un attimo lo salverà quando Jude si lascerà a suo modo attraversare da esso e si sentirà amato e "bambino" per la prima volta.

Lo stesso amore che provano a donare Andy, Harold, Julia e Richard, senza chiedere nulla in cambio.


È una storia che non ha paura di prendere continuamente a schiaffi il lettore ma, allo stesso tempo, riesce a trasmettere tutta l'essenza della vita, di quella vita come tante, quella vita che è un dono incredibilmente fragile.


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