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Azionismo Viennese: quando l’arte chiama sangue

Nel carny talk (il gergo che si utilizza dietro le quinte nel wrestling) esiste un adagio che dice: “Red means green”, ovvero “Rosso significa verde”.

Allude all’incremento esponenziale di pubblico che accorre in vista di una parvenza di sanguinamento nelle dinamiche di un match, dove il verde simboleggia appunto il colore dei dollari guadagnati.

Perché tutto questo interesse per il sangue? Semplice: pura catarsi nel senso aristotelico del termine.

Immedesimandosi nella tragedia si finisce prima o poi per estraniarsi da essa, purificandosi.

Lo stesso meccanismo è balenato in un drappello di menti mai così libere nell’abbraccio di un’Austria culturalmente bloccata nei primi anni Sessanta.

L’Azionismo Viennese è una corrente artistica senza manifesti, senza freni, senza sovrastrutture; nata da un turbinio di movimenti imperniati sullo stesso meccanismo: dall’Espressionismo di Egon Schiele al Secessionismo di Gustav Klimt, dal Simbolismo di Alfred Kubin alle nuove teorie psicoanalitiche di Freud e Jung.

L’unico vessillo che questo movimento porta è la completa repulsione verso il perbenismo e l’accademismo culturale austriaco dal dopoguerra fino a quel momento; una bandiera incrostata di sangue pronta a far sobbalzare ogni buon viennese giudizioso, purificandolo dallo snobismo intellettuale nell’orrore per ridimensionarne la mente e fargli accettare la cruda, orrorifica realtà dei nostri corpi mortali.

Un progressivo ed inesorabile passaggio dalla tela alla carne: si parte dai primi Schüttbilder di Hermann Nitsch del 1961 creati gettando sangue mescolato a colore sulla tela, si costeggiano le insostenibili performance autolesionistiche di Günter Brus e Rudolf Schwarzkogler per simboleggiare la mortficazione e la repressione del corpo sotto il giogo della società borghese e conformista per poi arrivare al Teatro delle Orge e dei Misteri del sopracitato Nitsch, happening a dir poco surreale dove si mescolano liturgie cristiane a culti pagani avviluppati in un rito frenetico e collettivo pregno di sangue gettato in ambienti candidi e atti disturbanti in cui spettatore e artista sono invitati ad entrare in contatto con il proprio Essere più profondo ed istintivo, con il disgusto ed il ribrezzo si purificano e si sincronizzano con ciò che più ci avvicina alle bestie che siamo e continueremo ad essere nonostante il persistente rifiuto da parte della società in cui viviamo.

L’Es freudiano è la colonna portante dell’Azionismo Viennese, movimento tanto impetuoso quanto fugace, la nostra parte più nascosta e feroce, talmente spaventosa da tenere celata per il resto della nostra esistenza; per quanto insostenibile e a tratti disturbante questa corrente artistica ha strappato la maschera di un panorama artistico inerpicato su una torre d’avorio, spianando definitivamente la strada all’arte performativa per come la conosciamo, nel tentativo di trasferire il concetto dalla materia all’essere umano per sradicarlo dalla mercificazione.

Perché talvolta ce ne dimentichiamo: siamo fatti di carne e sangue ed immersi in una Natura crudele, nessuna struttura riuscirà mai a contenerci fino in fondo; e quei ragazzacci viennesi ed azionisti, per quanto fuggevoli nella loro dogmatica anarchia, hanno fatto capire che più l’istinto viene soffocato e più ripugnante sarà la sua fuoriuscita.


Nella foto: Hermann Nitsch, 20th Action Painting


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