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SABINE WEISS: SULL’IMPROVVISA BELLEZZA DEL MONDO

Chi non conosce ancora Sabine Weiss, potrebbe non aver messo ancora totalmente a fuoco il titolo di questo articolo, ma quello è frutto di un incontrollabile amore della suddetta penna per le enunciazioni metaforiche e spettacolari, a prova di regia sorrentiniana, benché tema che la grande bellezza si nasconda altrove, lontana dalle mie parole.

Sicuramente si nasconde nelle foto di Sabine Weiss. Perché di questo si parlerà adesso: di fotografia.

In particolare, di una mostra: Sabine Weiss. La poesia dell’istante.

Ad attirare alla Casa dei Tre Oci, tempio dell’esposizione situato a Venezia, una locandina appesa in una libreria: vestite di un bianco e nero malinconico, una donna sorridente solleva una bambina che tende le braccia nella sua direzione. È una foto di Sabine Weiss, artista franco svizzera (1924-2021), scattata a New York, nel 1955.

Nell’immagine, apparentemente semplice, c’è la dolcezza di chi si riconosce in quel gesto, in quelle braccia che si vogliono incontrare.

Impossibile non voler indagare sullo sguardo che si cela dietro quello scatto.

Alla Casa dei Tre Oci, le fotografie della donna, rappresentante del movimento umanista francese, sono racchiuse in cornici nere, essenziali. Le luci espositive, fredde, sono sottolineature di opere che domandano il silenzio.

Un silenzio che lo spettatore concede subito, osservando gli esordi dell’artista all’entrata dell’edificio, già emotivamente coinvolto dalla delicatezza che ne traspare.

La mostra, che ripercorre cronologicamente la carriera dell’artista (dagli inizi nel 1935 fino agli anni 80), è un racconto inedito, ordinato e necessario dell’umanità che la Weiss ha catturato durante la sua vita.

Sono scatti che vanno al di là della difficoltà che la street photography, con i suoi brevi tempi di posa, comporta. A interessare non è la padronanza tecnica, quanto piuttosto le persone che si presentano, senza preavviso, davanti agli occhi del fotografo, che diviene un cacciatore di sguardi, momenti e sensazioni.

Davanti alle opere di Sabine Weiss, si tace perché quest’ultime disarmano.

La fotografa si dedica ai soggetti di strada, ai bambini che guardano l’obiettivo interrogativi o spavaldi, alle coppie che si stringono e si abbandonano a un bacio, alle vecchie che seppelliscono i propri cani, alle donne ricoverate in manicomio.

Frammenti di vita quotidiana che tuttavia racchiudono i grandi temi esistenziali attorno a cui ruotano le esistenze: amore, morte, solitudine, libertà.

Sono opere che coniugano la raffinatezza francese allo stile di vita americano, il bon ton parigino al chiasso e al divertimento grezzo degli Stati Uniti d’America.

La mostra presenta anche i lavori realizzati durante i viaggi della Weiss in paesi come la Birmania o l’Egitto, fotografie che svelano uno spiccato senso antropologico e la curiosità per culture estranee al perbenismo, o alla quotidianità lussureggiante europea o americana.

Anche nei lavori dedicati alle grandi celebrità, si cela l’istinto di immortalare la fragilità dei soggetti ritratti: pur essendo spesso fotografie di moda, destinate a celebri riviste del settore come Vogue, non scompare la sensibilità che caratterizza le foto dei soggetti lontani dai riflettori. Al contrario, sembra che, pur dovendo creare un’illuminazione ad hoc e un set di posa per rispondere alle richieste commerciali, Sabine Weiss riesca a condurre i modelli lontano dalle luci e dal luogo artificiali, creando con loro un dialogo intimo e personale.

Il risultato: essi ci parlano, e riusciamo a credere a ciò che ci raccontano, perché è come se si stessero confidando con l’artista al momento dello scatto.

In conclusione, la mostra è una splendida possibilità per conoscere le opere di uno sguardo attento, ricco ed emotivo, che accoglie la bellezza che lo circonda, senza stravolgerla. Fotografie che insegnano a entrare nelle vite degli altri in punta di piedi.



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